
Esiste, da qualche parte in America, un uomo assolutamente
folle e antipatico. Il suo nome è Niles Caulder, si muove su una sedia a
rotelle con enormi cannoni montati sopra ed è ossessionato dalla Doom Patrol.
Nel 1989 arriva a scrivere le storie del supergruppo più scalcagnato e sfigato
della storia Grant Morrison, uomo nato con il potere mutante di distruggere la
mente dei lettori di fumetti.
Premettendo che, alla lettura di questi numeri, non conosco assolutamente nulla
di questo gruppo, e premettendo che, dopo aver finito di leggere il primo
volume della Lion della gestione di Morrison, amo assolutamente la DP, voglio
parlarvi della saga in quattro numeri “Crawling
from the wreckage” (Doom Patrol vol 2, #19-#22) con cui Morrison inizia il suo
ciclo e voglio anche chiudere questa frase piena di periodi e di virgole.
Sappiate che la DP è un gruppo terribilmente stupendo.
In un mondo sorvegliato dalla JLA, in un settore dello spazio protetto da
almeno 4 lanterne verdi eccetera eccetera, pensare che un gruppo di mostri se
ne vada in giro guidato da un pazzoide in carrozzina a combattere scimmie che
parlano francese e vecchi generali che bramano l’immortalità mi ha fatto
letteralmente impazzire.
Eppure, la loro storia editoriale è stata molto travagliata, nei secoli dei
secoli. Ma, siccome non saprei parlarvene, visto che ho scelto di non leggere
la loro pagina di Wikipedia, ma di leggermi piano piano le prime storie, non ve
ne parlerò.
Crawling from the Wreckage si apre con “Sopravvissuti al disastro”, 24 pagine
in cui si riprendono vecchi fili e trame, si tenta di riassemblare un gruppo
(ricordate il vecchio ossessionato?), le turbe di un uomo robotico vengono
esternate,
Larry “Spirito Negativo” decide di
elevare la propria natura ad un livello superiore
e conosciamo Crazy Jane, personaggio assolutamente
stupendo e polimorfo ( quando leggerete, capirete)
Tutto questo mentre la realtà sta venedo invasa da un mondo fittizio
creato per scherzo.
Dal numero successivo in poi, infatti, assistiamo a un veloce degrado del mondo
della DP, vediamo un Morrison che si sbizzarrisce sparpagliando in giro uomini
forbice che possono esiliarti dalla realtà, ombre che uccidono i propri “corpi”,
frigoriferi immensi che acciaccano
preti. La logica a cui la nostra realtà è soggetta va a farsi friggere, lo
spazio è lentamente occupato e sostituito da un non-luogo impossibile su cui si
estendono per miglia e miglia strutture fatte di vetro e ossa.
Orqwith, la città dei miracoli, si sta espandendo.
Tutto questo giocare su implicazioni filosofiche che permettono l’esistenza di
un pensiero, che non-negano al nulla di impossessarsi di ciò che esiste, è
ripreso da un assurdo racconto di un assurdo scrittore: “Tlön, Uqbar,
Orbis Tertius“ di J. Luis Borges.
(se non avete letto Finizioni, raccolta di racconti in cui questo è incluso, vi
consiglio vivamente di farlo subito. E se non avete mai letto nulla di Borges,
mi spiace per voi)

Mentre la relatà viene dissipata e messa in difficoltà, ci viene mostrata
una riunione della DP finalmente al completo. In tutto il suo splendore
possiamo ammirare: Cliff “Robotman” che, elevato a grado di “comandante in
campo” non riesce assolutamente a comprendere cosa sta succedendo, Niles
Caulder che si lecca i baffi, avendo tra le mani una buona occasione per
mostrare al mondo quanto sia utile il supergruppo di cui è a capo, “Rebis” che,
nella sua ermeticità, è l’unico che possa avere una logica in grado di
affrontare l’avanzata di Orqwith, Crazy Jane che passa da una personalità all’altra
(ho già detto quanto ami questa/e donna/persone?) e riesce a decifrare il
linguaggio scomposto e allucinante degli Uomini Forbice, linguaggio in cui
risiede la domanda in grado di far cessare l’impossibile esistenza di Orqwith
stessa, e Joshua “Tempest” che… bè, non
fa niente in realtà, si lamenta.
Da qui si passa direttamente all’azione, si viene immersi in Orqwith, la
Doom Patrol e il lettore stessi sono messi di fronte all’irrazionalità, alle
strane coincidenze di questo mondo e ai suoi due sacerdoti che attendono in
eterno la domanda dinanzi a cui tutto questo potrà essere dissolto.
Un bellissimo e confuso intreccio di azione, ragionamenti non lineari e dispute
filosofiche su come possa essere concesso al nulla di essere.
Una sfida che
sfiora l’incomprensibile.
Una storia che lascia il lettore disorientato, ma con
la voglia di leggere e rileggere quello a cui ha appena assistito.
Se non fosse che le storie che seguiranno, sono ancora più allucinanti.
Penso che ve ne parlerò, prossimamente.